11 marzo 2022

Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari

Il 12 marzo si celebra la prima Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. Il ministro della Salute, Roberto Speranza – di concerto con il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa – ha firmato, lo scorso 27 gennaio, il decreto che indice questa Giornata, prevista dalla Legge n. 113 del 14 agosto 2020 (“Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”).

Si tratta di un provvedimento a lungo richiesto dalle professioni sanitarie e socio-sanitarie. Quello delle aggressioni verbali o fisiche nei confronti del personale, oltre che delle attrezzature e delle stesse strutture, è infatti un fenomeno che da tempo desta preoccupazione, e che per certi versi si è ulteriormente aggravato negli ultimi due anni, caratterizzati dalla pandemia.

Secondo uno studio dell’Università di Tor Vergata di Roma, l’89,6% degli infermieri è stato vittima di aggressioni nell’arco della propria vita lavorativa da parte di pazienti, di loro famigliari o di conoscenti. E anche se quella dell’infermiere resta la figura più esposta, le cose non vanno molto meglio per il resto del personale del comparto. Quasi che sia ormai radicata nella società l’idea errata secondo la quale sia lecito sfogarsi anche in maniera aggressiva, quando non violenta, con chi sta cercando di aiutare noi o un nostro caro in un momento di difficoltà.

In occasione di questa giornata di sensibilizzazione vogliamo ricordare che oggi, nell’espressione della Medicina moderna che prevede che l’operatore sanitario e socio-sanitario si prenda cura nel più ampio senso possibile del paziente, a tutti – al personale sanitario, ma anche ai cittadini-pazienti – è richiesto uno sforzo in più nel mantenere il rispetto dei reciproci ruoli e, più in generale, delle persone.

Ciò non significa ignorare le eventuali carenze, che vanno sicuramente segnalate attraverso i canali a disposizione, ma tenere a mente che la buona educazione e un minimo di tolleranza, da parte di entrambe le parti, possono consentire di risolvere piccoli inconvenienti nel miglior modo possibile per tutti. Nel momento del bisogno, e quando ci si rivolge a una struttura sanitaria si è spesso in questa condizione, può capitare di dimenticarsi che gli operatori sanitari esercitano una professione che per sua stessa natura crea una forte pressione. Aggiungere a questa condizione la pressione di sentirsi a rischio di aggressione verbale o fisica mentre svolgono il loro lavoro non può che avere effetti negativi per tutti.

Per il medico, l’infermiere o l’operatore, che rischiano di disperdere le proprie preziose energie, che dovrebbero poter essere dedicate all’ascolto e alla cura del paziente. E per il paziente stesso, che nel momento in cui lui stesso o un suo parente aggredisce lo staff sanitario crea le peggiori condizioni possibili per essere assistito adeguatamente.

Purtroppo spesso il confine tra maleducazione e aggressione verbale è molto sottile. E anche se qualcuno lo oltrepassa senza rendersene conto, o perché sopraffatto dall’emotività del momento, le conseguenze negative rimangono pesanti e profonde. Non a caso le professioni sanitarie e socio-sanitarie sono considerate particolarmente a rischio di burnout per gli operatori.

Ci preme sottolineare che la tipologia di aggressione ricevuta dagli operatori sanitari che incide maggiormente sulla qualità della vita lavorativa è quella perpetrata attraverso manifestazioni verbali e non verbali (sguardi minacciosi o atteggiamenti di commiserazione), spesso sopportate in silenzio per quieto vivere, ma che rimangono nel vissuto di chi le riceve.

L’aggressione fisica è più conosciuta in quanto spesso riportata dalla cronaca locale. È più evidente e permette di mettere in atto delle azioni difensive, spontanee o con l’intervento delle forze dell’ordine. L’aggressione verbale e non verbale è invece subdola, strisciante e poco conosciuta e lascia in chi la subisce un senso di frustrazione che inevitabilmente si ripercuote sulla qualità del lavoro successivo.

Dopo due anni di pandemia, il comparto della Sanità e il suo personale continuano a essere sotto pressione. Ciò che tutti noi possiamo fare per aiutare e sostenere quello che rappresenta una delle più grosse ricchezze comuni della nostra società, è ricordarci che chi abbiamo di fronte ha scelto di svolgere una professione volta a prendersi cura di noi: lasciamoglielo fare nelle migliori condizioni possibili.

Ne va della sua salute. E anche della nostra.

 

Dr. Vittorio Terruzzi

Direttore Sanitario

Villa Santa Maria


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