09 novembre 2018

L’arte e la cultura? Fanno bene alla salute

Recenti studi realizzati utilizzando avanzate tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno dimostrato come l’arte stimoli nel nostro cervello alcune aree cerebrali coinvolte nella sensazione di ricompensa e benessere, generando così una risposta biochimica molto simile a quella misurata durante l’innamoramento. Questi risultati testimoniano come il piacere estetico, il desiderio e il benessere siano strettamente interconnessi dal punto di vista neurobiologico, e suggeriscono come l’arte e la partecipazione culturale possano essere di beneficio contro l’ansia e la depressione.

Questi dati neurobiologici a favore di una profonda connessione tra bellezza e felicità sono in linea con una serie di evidenze di tipo clinico, secondo le quali la visita a musei, pinacoteche, la fruizione di concerti, gallerie d’arte, etc. influenzano il benessere individuale in modo sostanziale, e ad una serie di studi epidemiologici secondo i quali le persone felici vivono più a lungo. Più in generale, la letteratura contiene diversi studi (compresi studi clinici) che sembrano fornire chiare e solide evidenze sul fatto che la partecipazione alle attività culturali abbia degli effetti benefici sulla salute attraverso l’aumento della percezione di benessere psicologico. Dal punto di vista neurobiologico l’attivazione dei circuiti cerebrali della ricompensa e del piacere si traduce in una inibizione del rilascio di cortisolo dalla ghiandola surrenale. Il cortisolo è l’ormone dello stress e la sua cronica increzione è responsabile di una serie di conseguenze negative sull’assetto neuronale, in particolare dei neuroni dell’ippocampo, struttura che è la prima ad ammalarsi nella malattia di Alzheimer. Studi condotti recentemente in Inghilterra hanno messo in evidenza come un’esperienza culturale significativa sia in grado di ridurre i livelli salivari di questo ormone, biomarker dello stress.

Queste evidenze sono state ora confermate da uno studio che si è svolto presso il santuario di Vicoforte, in provincia di Cuneo, nell’aprile 2016 e di cui c’è stata un’ampia eco sulla stampa. Scopo dello studio era verificare l’impatto psicologico di un’esperienza sublime come la salita alla cupola di Vicoforte in un gruppo di appassionati, andando a misurare con opportune scale la sensazione di wellbeing subito prima e subito dopo questa esperienza e correlando il benessere percepito alla modificazione dei livelli di cortisolo salivare, noto biomarker dello stress.

Hanno partecipato allo studio 100 soggetti di età compresa tra 19 e 81 anni, (49% femmine; 51% maschi) provenienti in gran parte dalla provincia di Cuneo. Il gruppo di studio era caratterizzato da un livello di educazione medio-alto (42% laureati), da un’attività lavorativa prevalentemente di concetto (71% definibili come white collar) e da un indice di partecipazione culturale discreto.

La rilevazione del loro stato psicologico attraverso uno strumento di misurazione validato internazionalmente prima e dopo l’esperienza di salita alla cupola ha messo in evidenza un netto incremento del loro benessere percepito, superiore al 40%, con un valore della scala analogico-visiva che passava da 58.7 a 81.5, differenza questa altamente significativa dal punto di vista statistico. Detto in altri termini, oltre il 90% dei partecipanti dimostrava oggettivamente al test di sentirsi molto meglio al termine dell’esperienza.

Le determinazioni di laboratorio hanno confermato in pieno le aspettative: il livello medio di cortisolo si è ridotto di oltre il 60% (da 22.8 a 8.7 microgrammi/decilitro). La riduzione si è osservata sia in occasione delle salite mattutine, sia di quelle pomeridiane. Le modificazioni sia del livello di benessere sia del cortisolo salivare sono risultate leggermente più evidenti nelle donne rispetto agli uomini. Questo conferma dati già raccolti dal nostro gruppo in altri contesti a proposito di una maggiore sensibilità femminile alle esperienze estetiche e artistiche.

Questi e altri risultati scientifici giustificano il grande interesse sul potenziale impatto dell’arte e, più in generale, della partecipazione culturale sulla salute umana e sul potere lenitivo della bellezza, che evidentemente era noto a chi decise di realizzare i magnifici affreschi in Santa Maria della Scala con la chiara intenzione di creare un ambiente favorevole alla guarigione dei malati.

In conclusione, l’esposizione alla bellezza attraverso meccanismi neuroestetici e psico-sociali promuove il benessere psicologico e la salute cerebrale, creando le basi per nuove politiche di welfare.

 

* Lo scorso 14 settembre il professor Enzo Grossi, Direttore scientifico della Fondazione Villa Santa Maria, ha partecipato in qualità di relatore a Generiamo il futuro, Conferenza sulla ricerca nelle Scienze della Vita in Toscana che si è svolta a Siena. Questo è il testo della relazione che il professor Grossi ha presentato per la sessione dedicata al Welfare culturale, che è stata ospitata dal Complesso museale di Santa Maria della Scala.


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