11 marzo 2021

Pandemia da Covid-19: quanti danni alla salute stanno facendo le restrizioni a musei, teatri e cinema?

Le misure di isolamento e di distanziamento sociale hanno reso evidente l'importanza di arte e cultura per il benessere e la salute mentale delle persone, anche per via degli effetti psicosomatici sempre più documentati derivanti dell'accesso culturale.

Questo riconoscimento offre una nuova opportunità per valorizzare il ruolo di arte e cultura nella prevenzione e nella cura delle malattie lungo tutto l'arco  della  vita, contribuendo a fornire soluzioni per i sistemi sanitari e di welfare anche attraverso la riduzione dei tassi di ospedalizzazione e dell’uso dei farmaci. 

Ne parliamo con il professor Enzo Grossi, Vicepresidente della Fondazione VSM di Villa Santa Maria e docente di Cultura e Salute presso l’Università di Torino. 

Professor Grossi, uno degli effetti della pandemia è stato la chiusura di musei, teatri, cinema e altri luoghi di fruizione culturale. Quali sono le conseguenze?

Mentre la pandemia da COVID-19 entra nel suo secondo anno, nuove varianti che si diffondono rapidamente hanno causato un'impennata delle infezioni in molti Paesi e nuove chiusure. La devastazione della pandemia - milioni di morti, conflitti economici e limiti senza precedenti all'interazione sociale - ha già avuto un effetto marcato sulla salute mentale della popolazione.

I ricercatori di tutto il mondo stanno studiando le cause e gli impatti di questo stress, e alcuni temono che il deterioramento della salute mentale possa protrarsi a lungo dopo che la pandemia si sarà placata. Tra gli effetti collaterali più subdoli della pandemia ci sono lo stress psicologico e la predisposizione a disturbi mentali quali ansia o depressione, che sono sotto gli occhi di tutti e sempre più oggetto di evidenze scientifiche autorevoli.

Da qualche anno sappiamo che l’arte e la cultura hanno un effetto opposto, promuovendo il wellbeing e la salute mentale. Ne è autorevole testimonianza un rapporto dell’OMS uscito a fine 2019, che riassume circa 3.000 studi pubblicati negli ultimi 30 anni a sostegno del ruolo protettivo giocato dall’esposizione alla bellezza artistica sulla salute umana.

La pandemia ha comportato vari gradi di restrizione sociale che hanno interessato pesantemente la fruizione dell'arte e l’accesso libero a luoghi culturali. Si viene così a chiudere un circolo vizioso, per cui la riduzione notevole della possibilità di fruizione culturale ha contribuito e acuito i danni da stress post traumatico frutto della pandemia. Questo può spiegare l’aggravarsi dei danni sul nostro equilibrio psicologico, specie nelle persone che per propria indole sono più portate alla partecipazione culturale. Un cocktail davvero esplosivo. 

Ma la digitalizzazione massiccia, unita alle tecnologie emergenti come la realtà virtuale e aumentata, non possono venire in aiuto creando nuove forme di esperienza culturale? Molti soggetti pubblici e privati hanno spostato i loro contenuti on-line gratuitamente…

Purtroppo si tratta solo di succedanei. Il nostro cervello richiede disperatamente di essere immerso nella realtà vera e non virtuale. Lo testimoniano studi effettuati da famosi neuroscienziati, come Vittorio Gallese.

Prendiamo ad esempio il cinema. Le emozioni che proviamo assistendo a un film sono senz’altro più pronunciate se siamo in una sala cinematografica, dove sentiamo la presenza di altre persone, rispetto all’ambiente domestico, dove spesso siamo soli. Questo al di là della maggiore potenza delle immagini viste sul grande schermo e del sonoro avvolgente.

Non sono quindi solo ragioni ambientali, ma anche psicologiche. Quando ci identifichiamo con i personaggi sullo schermo simuliamo le loro emozioni e pensieri. Questo meccanismo è accompagnato da cambiamenti fisiologici come la risposta galvanica della pelle, un indicatore di eccitazione emotiva, e la variabilità della frequenza cardiaca.

Un gruppo di scienziati, tra cui Vittorio Gallese, ha studiato se la presenza di un pubblico nella sala cinematografica influisca su questi processi psicofisiologici. Lo studio è stato condotto in un vero cinema di Berlino. I partecipanti hanno assistito per due volte a scene di film emozionanti che suscitavano divertimento, rabbia, tenerezza o paura. Una volta hanno guardato le scene da soli. Un’altra volta in un gruppo. Lo studio ha testato se la modulazione vagale in risposta alla semplice presenza di altri influenzasse i marcatori espliciti e impliciti dei processi emotivi in funzione del godimento solitario o collettivo delle scene di film.

I risultati sono stai sorprendenti: la presenza di altre persone aveva un chiaro peso nella modificazione della regolazione vagale a livello fisiologico, con una maggiore intensità emotiva e impegno empatico esplicito con i personaggi del film.

Ci sono altri esempi in tal senso?

Le esperienze estetiche per essere efficaci sulla nostra psiche devono essere multisensoriali. Vivere un concerto dal vivo dà più emozione che viverlo online. Mancano gli infrasuoni, che non raggiungono l’orecchio, ma il corpo stesso, facendo vibrare la nostra pelle. Questi vengono inesorabilmente tagliati dalla riproduzione digitale. Mancano anche la risonanza morfica dei cervelli degli altri spettatori, la sincronia emotiva legata ai neuroni a specchio, il pathos che percepiamo distintamente dai movimenti e dall’espressione del direttore d’orchestra.

Una condizione simile è quella attribuibile all’immersione in un museo. Visitare un museo, d’altra parte, non è la stessa cosa di un virtual tour, pur con immagini ad altissima definizione. La condivisione dell’estasi della bellezza insieme ad altre persone, la percezione del messaggio dell’artista attraverso sottili particolari tridimensionali della pennellata: tutto ciò non ci può essere restituito da un’immagine digitale in un tour virtuale, anche se di ottima qualità.

Ci manca l’atmosfera, la gioia di essere riusciti a raggiungere il museo, magari con un viaggio faticoso, insieme ai nostri cari o ad amici appassionati. 

Qual è il meccanismo d’azione a livello biologico di questi effetti protettivi?

Qualsiasi modalità di assunzione del “farmaco” cultura deve la sua efficacia a potentissimi principi attivi: i neuro-ormoni che il cervello produce in risposta a stimoli di bellezza. Un mix potente capace di ridurre, ad esempio, il rischio di depressione, come dimostra un recente studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry dai ricercatori dello University College di Londra.

L’indagine, condotta su oltre 2.000 donne e uomini over 50 seguiti per un decennio, ha dimostrato che dedicarsi ad attività culturali una volta al mese può ridurre il rischio di depressione del 48%. Ci sono volute le più sofisticate tecniche di neuroimaging per svelare il meccanismo con cui il la bellezza  agisce sul nostro cervello. In pratica si attivano specifici neuroni della corteccia orbitofrontale riconosciuti come facenti parte del cosiddetto “centro della bellezza” che stimola le endorfine, le quali danno felicità e sollievo dall’ansia, la dopamina, che provoca piacere, e l’ossitocina, l’ormone dell’amicizia.

Questi neurotrasmettitori vanno ad agire anche sui centri più ancestrali del nostro cervello, che regolano funzioni vitali come il respiro e il battito cardiaco, riducendo lo stress e il rischio cardiovascolare. Inoltre, attraverso la rete linfatica che collega l’encefalo al sistema immunitario, la bellezza arriva anche a rinforzare le difese contro le minacce esterne, come virus e batteri, ma anche quelle interne, come i tumori e le malattie degenerative.

Con quali benefici per la salute?

Gli effetti dell’esposizione alla “bellezza” sono tangibili già dopo una singola esperienza di poche ore, come dimostra l’esperimento che abbiamo condotto nel 2016 su 100 volontari portati a visitare dall’alto gli affreschi della cupola ellittica del santuario di Vicoforte, nel cuneese. L’esposizione alla bellezza e l’emozione condivisa hanno determinato effetti benefici immediati, che abbiamo potuto misurare in modo rigoroso.

La visita ha fatto aumentare il benessere percepito dai partecipanti, riducendo del 60% la concentrazione di cortisolo, l’ormone dello stress misurato nella saliva. Un risultato molto significativo, se pensiamo che elevati livelli di cortisolo protratti nel tempo danneggiano il cervello, aprendo la strada a depressione e Alzheimer.

Questa misurazione, all’interno del progetto “La Cultura che cura“ di Recanati, è ciò che ci proponiamo di fare il prossimo anno, Covid permettendo, sull’Orto del Colle dell’Infinito, in assoluto uno dei luoghi delle bellezza e della poesia più amati in Italia.


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